Caterina nasce a Siena il 25 marzo del 1347 ed è la ventiquattresima di venticinque figli. I suoi genitori sono il tintore di panni Jacopo Benincasa e la sua moglie Lapa Piacenti. Il rione in cui nasce è quello di Fontebranda, nella contrada dell’Oca.
Quando si pensa alla mistica da Siena, vengono in mente tre aspetti della cui vita ne ha stravolto i piani: la sua totale appartenenza a Cristo, la sapienza infusa, il suo coraggio. I due simboli che caratterizzano l’iconografia cateriniana sono il libro ed il giglio, che rappresentano rispettivamente la dottrina e la purezza.
Santa Caterina da Siena viene canonizzata nel 1461 dal papa senese Pio II. Nel 1939, il papa Pio XII la dichiara Patrona d’Italia con San Francesco d’Assisi. Lei è inoltre patrona delle infermiere e dell’Europa. I Santuari principali che le sono dedicati sono la Basilica di Santa Maria sopra Minerva a Roma, il Santuario di Santa Caterina e la Basilica Cateriniana di San Domenico, entrambi edificati a Siena.
“Matrimonio mistico di Santa Caterina”, quadro di Pierre Subleyras
Dalla precocissima vocazione alle mistiche nozze
Naque nella numerosa famiglia Benincasa che apparteneva alla piccola borghesia sienese e aveva una sorella gemella, chiamata Giovanna, la quale tuttavia morì neonata. Caterina ebbe la sua prima esperienza mistica alla tenera età di 6 anni, quando le apparve Gesù vestito maestosamente, da Sommo Pontefice, con tre corone sul capo ed un manto rosso, accanto al quale c’erano San Pietro, San Giovanni e San Paolo. In quel quel tempo, il papa era ad Avignone e la cristianità era minacciata dai movimenti ereticali. Tale esperienza la portò nell’anno seguente a fare voto di castità e quindi a scegliere una vita fatta di preghiere, digiuni e penitenze già dai 7 anni di vita. Di questa sua precocissima vocazione parla il Beato Raimondo da Capua (1330-1399), nella Legeda Maior, suo biografo e confessore, oltre che Superiore Generale dell’Ordine Domenicano.
Caterina a 12 anni desiderava entrare nell’Ordine fondato da San Domenico, ma fu ostacolata dai suoi genitori, giacché questi la volevano coniugare. Lei reagì coraggiosamente: si tagliò i capelli, si coprì il capo con un velo e si serrò in casa, finché suo padre cedette perché fu sorpreso dal vedere una colomba aleggiare sulla figlia in preghiera. Quindi nel 1363, a 16 anni, vestì l’abito delle «mantellate»; terz’Ordine dal mantello nero, sull’abito bianco dei Domenicani. Questa fu una scelta anomala giacché vi aderivano soprattutto donne mature o vedove, che continuavano a vivere nel mondo, ma con l’emissione dei voti di obbedienza, povertà e castità. Al termine del Carnevale del 1367 si compiono le mistiche nozze: Caterina aveva 20 anni e ricevette da Gesù un anello adorno di rubini.
“Fra Cristo, il bene amato sopra ogni altro bene, e Caterina viene a stabilirsi un rapporto di intimità particolarissimo e di intensa comunione, tanto da arrivare ad uno scambio fisico di cuore. Cristo, ormai e in tutti i sensi, vive in lei (Gal 2,20).”
Santa Caterina, autore sconosciuto
I dialoghi di Caterina
Nell’ottobre del 1370 i fratelli di Caterina si trasferirono a Firenze e, dopo alcuni mesi di residenza, chiesero di ottenere la cittadinanza fiorentina. In pratica la famiglia di Jacopo e Lapa si sfaldò; tuttavia la madre Lapa decise di restare con Caterina. Da allora la mistica iniziò ad essere accompagnata dalla “Bella brigata”. Questo gruppo di uomini e donne la seguiva, la sorvegliava nelle sue lunghe estasi, l’aiutava in ogni modo nelle attività caritative e anche nella corrispondenza fra lei e la gente comune.
L’attività di corrispondenza andava ben oltre il popolo e giungeva fino al pontefice, che lei chiamava “dolce Cristo in terra”, accompagnata da numerosi appelli sia alle autorità religiose sia a quelle civili. Caterina usava dettare le sue lettere e si rivolgeva con coraggio, delicatezza ed autorevolezza al papa, senza tralasciare alcun dettaglio spirituale o soprannaturale, di riconosciuta ispirazione.
Caterina lasciò un epistolario di 381 lettere, una raccolta di 26 preghiere e dettò il Dialogo della Divina Provvidenza. Molte delle opere di Caterina sono state dettate, anche se Caterina era capace di scrivere e scrisse alcune lettere di suo pugno. In particolare, Caterina dettò il Dialogo della Divina Provvidenza in volgare ai suoi discepoli Neri Pagliaresi, Stefano Maconi e Barduccio Canigiani nell’autunno del 1378. L’opera fu terminata il 13 ottobre di quell’anno. Caterina considerava il Dialogo il suo testamento spirituale: il Dialogo viene oggi considerato uno dei capolavori della letteratura mistica medievale e della prosa italiana del XIV secolo.
Questa sua attività epistolare già le attirò critiche tali che Caterina dovette presentarsi al Capitolo Generale dell’Ordine Domenicano (Firenze, 1374). C’era chi l’accusava di tendenza ad un protagonismo fuori degli schemi tradizionali, che non competevano certo a una donna, per di più popolana e non colta. Al Capitolo non fu trovata in Caterina nessuna colpa ma, riconoscendo la singolarità del suo caso, i padri preferirono prendere una decisione eccezionale: le assegnarono un confessore personale, il quale fosse sua guida e garante del suo spirito domenicano; a questo compito fu assegnato fra Raimondo da Capua.
Estasi di Santa Caterina (riceve le stimmate), ovale di Pompero Batoni
Le stimmate e l’attività di pacificatrice
I temi sui quali Caterina pone attenzione sono: la pacificazione dell’Italia, la necessità della crociata, il ritorno della sede pontificia a Roma e la riforma della Chiesa. Passato il periodo della peste a Siena, nel quale non sottrae la sua attenta assistenza, il 1° aprile del 1375 (Domenica delle Palme), riceve le stimmate incruente nella chiesa di Santa Cristina, davanti ad un Crocifisso che oggi è custodito nel santuario Cateriniano. In quello stesso anno cerca di dissuadere i capi delle città di Pisa e Lucca dall’aderire alla Lega Antipapale, promossa da Firenze e che si trovava in urto con i legati pontifici, i quali avrebbero dovuto preparare il ritorno del Papa a Roma.
L’anno seguente partì per Avignone per incontrare Gregorio XI (1330–1378), il quale, persuaso dall’intrepida Caterina, rientrò nella città di San Pietro il 17 gennaio 1377. L’anno successivo morì il Pontefice e gli successe Urbano VI (1318–1389), ma una parte del collegio cardinalizio gli preferì Roberto di Ginevra, che assunse il nome di Clemente VII (1342– 1394, antipapa), dando inizio al grande scisma d’Occidente, che durò un quarantennio, risolto al Concilio di Costanza (1414-1418) con le dimissioni di Gregorio XII (1326–1417), che precedentemente aveva legittimato il Concilio stesso, e l’elezione di Martino V (1368–1431), nonché con le scomuniche degli antipapi di Avignone (Benedetto XIII, 1328–1423) e di Pisa (Giovanni XXIII, 1370–1419).
Santa Caterina beve il sangue di Cristo, quadro di Francesco Vanni
Gli ultimi anni
Uno dei miracoli riconosciuti dalla Chiesa Cattolica a Caterina risale all’ottobre del 1376: quando lei fu di ritorno dalla corte papale di Avignone, passò da Varazze (Savona), perché curiosa di conoscere i luoghi che avevano dato i natali al beato Jacopo da Varagine; purtroppo la cittadina si presentava malridotta e abbandonata a causa della peste; Caterina quindi pregò intensamente per i suoi abitanti e venne ascoltata dall’Altissimo, liberando i cittadini dal flagello. In cambio del prodigio Caterina, chiese ai varazzini di onorare Jacopo, dedicando una cappella a suo nome e alla Santissima Trinità. Varazze eresse la santa di Siena a propria patrona dedicandole ogni anno una processione il 30 aprile.
Durante gli ultimi giorni della vita di Caterina ci furono continue visite da parte dei suoi figli spirituali. Lei comunicava a ciascuno di loro ciò che dovevano fare successivamente nella vita. La mattina della domenica dopo l’Ascensione, il 29 aprile 1380, prima dell’alba, fu notato in lei un grande mutamento, che fece pensare all’avvicinarsi della sua ultima ora. Il suo respiro diventò così fievole che fu deciso di darle l’Unzione degli infermi. Durante le sue estreme ore più volte chiamò “Sangue! Sangue!”. E dolcemente disse ancora: “Padre, nelle tue mani raccomando l’anima e lo spirito mio”. Morì poco prima di mezzogiorno, in quella domenica, 29 aprile, del 1380.
Statua di Santa Caterina sull’altare principale della nostra Parrocchia
I numerosi patronati
Santa Caterina è stata proclamata patrona d’Italia nel 1939 da papa Pio XII (assieme a San Francesco d’Assisi) e compatrona d’Europa da papa Giovanni Paolo II il 1º ottobre del 1999. La santa senese è anche patrona nella città di Siena della contrada del Drago e della contrada dell’Oca e inoltre di:
Cengio (SV)
Poggio San Vicino (MC)
Varazze (SV)
Diocesi di Gamboma
Infine, l’arcidiocesi Ordinariato Militare per l’Italia riconosce santa Caterina come patrona del Corpo delle infermiere volontarie della Croce Rossa italiana e dell’Associazione per l’assistenza spirituale alle Forze Armate – P.A.S.F.A., entrambi enti operanti nel contesto dell’ordinamento militare.
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